Barbara Spinelli
17×11,5 pagine 123
Edizioni Qiqajon 2005 (terza ristampa 2014)
LA RECENSIONE
“Per il fanatico due è un numero troppo grande”, scrive Amos Oz. Parole secche, che non lasciano scampo a mediazioni, che sottolineano come il fanatismo porti solitudine e odio per l’altro, per colui che non è dei nostri in tutto e per tutto. Ignorando che invece è proprio sull’altro, sullo straniero che costruiamo noi stessi, come ci dice, invece, saggiamente Barbara Spinelli in questa sua raccolta di quattro scritti tratti da altrettante conferenze. Il filo conduttore è proprio l’altro, il «volto», come lo definisce lei, colui che incontriamo e di cui conosciamo solo l’aspetto esteriore che reca con sé. Quel volto ci pone inevitabilmente un interrogativo: cosa vogliamo fare di lui o con lui? Abbiamo due possibilità: considerarlo un nemico o parlare con lui. Lo straniero può venire in pace o portare guerra e altrettanto possiamo fare noi, che siamo a nostra volta stranieri ai suoi occhi. «Gli diamo uno statuto di belligerante e dividiamo il mondo in culture etnico-religiose chiuse in se stesse, che sono in rapporto bellicoso l’una con l’altra» ed ecco che abbiamo disegnato lo scenario dello scontro di civiltà tanto caro ai neo-con americani e ai loro seguaci oppure, come dice la Spinelli, possiamo dare «una risposta più esigente». E questa risposta non sta nella negazione dell’altro, nella riduzione del due a unità. Al contrario, sta nel coinvolgere un terzo attore, nell’allargare il dialogo. L’incontro con l’altro non è mai neutro, può sfociare in amicizia e condivisione, «ero straniero e mi avete ospitato» scrive Matteo, o in guerra e odio, ma perché questa seconda opzione non avvenga ho bisogno di una terza figura a cui io e l’altro possiamo appellarci. Questa figura è la polis, la legge, la giustizia, le istituzioni, lo Stato, la società, insomma, che nasce da quel contratto che gli individui devono sottoscrivere per poter convivere. Per trasformare lo straniero in quella sorta di «compagno segreto», come lo definisce l’autrice, riprendendo un racconto di Conrad, che finisce per diventare l’altra parte di noi, migliore o peggiore, ma sempre necessaria a specchiarcisi dentro.
(dalla recensione di Marco Aime, Tutto Libri, supplemento de LA STAMPA del 07-05-2005)