Libro

Giornalismo di pace

Giornalismo, pace

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(a cura di) Nanni Salio e Silvia De Michelis

14×21 pagine 269

Edizioni Gruppo Abele

 

DALLA PREFAZIONE (di Johan Galtung)

Il giornalismo di pace tratta della pace e delle possibilità di realizzarla. Il giornalismo di guerra, anch’esso necessario ma oggi molto meno, tratta della guerra e delle possibilità di vittoria. Questo volume – un monumento eterno, tra i tanti, per il nostro amato Nanni – ha come oggetto il giornalismo di pace. Dire qualcosa su questo tipo di giornalismo implica dire qualcosa sulla pace. E ciò implica parlare del conflitto, dal momento che la pace si relaziona fortemente alla risoluzione del conflitto. Parlare di risoluzione del conflitto, poi, implica dire qualcosa sugli Stati Uniti d’America, dato il loro coinvolgimento in numerosi conflitti globali. Il ruolo del giornalismo non è solo quello di riflettere il mondo così com’è, ma è anche quello di rendere trasparenti, gli uni agli altri, i vari attori coinvolti: gli Stati chiave, il capitale, le persone. Il ruolo del giornalismo di pace è quello di identificare le forze a favore e contro la pace, rendendo visibili, oltre a esse, le loro dialettiche (l’espansione e la contrazione) e i relativi risultati, che possono diventare soluzioni. C’è una pace negativa, il cui ruolo è quello di ridurre le sofferenze degli esseri umani e dell’ambiente naturale, dovute a forme di violenza di ogni tipo, che vanno sotto il nome di “sicurezza”. E c’è una pace positiva, il cui ruolo è quello di aumentare il ben-essere degli esseri umani e dell’ambiente naturale oltre la semplice soddisfazione dei bisogni. Il ruolo dei conflitti (inclusi gli obiettivi incompatibili e le contraddizioni) è far sì che gli esseri umani si impegnino a risolverli, per ridurre l’apatia e l’impulso all’aggressione derivanti dalla frustrazione dovuta alla difficoltà di raggiungere i propri obiettivi.

QUARTA DI COPERTINA

La guerra domina la scena dell’informazione: per interesse, per scelta politica, per superficialità. I media, poi, vengono per lo più usati dagli Stati come «armi di disinformazione di massa». A questa prassi si oppone il modello del «giornalismo di pace», elaborato soprattutto da Johan Galtung, che cerca di leggere in profondità i conflitti, rifuggendo dalle semplificazioni di chi descrive la guerra e la violenza come realtà inevitabili e ricercando gli obiettivi reali delle parti in causa, le loro contraddizioni e le vie possibili per superarle. L’intento non è quello di nascondere o di minimizzare la guerra ma di contribuire, con una informazione corretta, alla trasformazione non violenta dei conflitti. Di questo metodo il libro fornisce una ricca documentazione teorica e interessanti casi di studio.