L’anticiclone delle Azzorre si sposta dal Sahara nei cieli dell’Italia, il mare diventa piatto come una tavola, riprendono gli sbarchi e con essi i naufragi. Con l’estate si torna così a fare anche la conta dei morti nel Mediterraneo. Una tragedia prevedibile come il mutare delle stagioni che niente e nessuno pare riuscire a cambiare. Nemmeno il cataclisma di una pandemia. Che, anzi, ha reso solo più complicati i soccorsi. Secondo i dati del Ministero dell’Interno a giugno 2021 le persone sbarcate nel nostro Paese sono state 20.359, quasi tre volte di più di quelle giunte nello stesso periodo lo scorso anno, sette rispetto al 2019. Un aumento considerevole benché ancora molto lontano dai picchi raggiunti nell’ultimo decennio. Secondo gli esperti, a determinare questo incremento è stata la crisi tunisina. Come conferma anche il fatto che tunisina è la prima nazionalità dichiarata dalle persone che sono arrivate sulle coste italiane in questi mesi. A10 anni dalla rivolta che innescò le Primavere arabe, il Paese nordafricano non riesce ancora a venire fuori dalla crisi politico-istituzionale seguita alla cacciata del presidente Ben Ali. In assenza di una guida, sono state drammatiche le conseguenze del Covid. A causa del blocco del turismo, una delle principali voci del Pil, la disoccupazione ha superato il 15% con punte oltre il 30 in alcune aree e tra i giovani. Un quinto della popolazione è precipitata sotto la soglia di povertà. Non sorprende, quindi, che tanti in questi mesi abbiano scelto di tentare la fortuna in Europa anche se, in assenza di alternative, il prezzo è un viaggio illegale, dagli esiti incerti e che a volte si paga con la vita. Per la maggioranza, tuttavia, il punto di partenza resta la Libia. È da qui che si imbarcano, in particolare, i subsahariani. Sudanesi, eritrei, ivoriani, guineensi, malesi (5 delle 10 nazionalità di provenienza di chi attraversa il Mediterraneo) continuano a lasciare villaggi e città e a pagare le mafie libiche che operano indisturbate anche sotto il nuovo primo ministro Abdul Ha-mid Dbeibeh, insediatosi a marzo sotto gli auspici dell’Onu. Tuttavia rispetto agli anni passati – ed è questa la novità più rilevante – i gommoni che trasportano i migranti incrociano molto più di rado le navi delle ong. In un anno, nove imbarcazioni finanziate dalle organizzazioni umanitarie sono state costrette a fermarsi. In alcuni casi per rispettare la quarantena dopo aver completato i soccorsi. In altri, per ragioni giudicate pretestuose da parte dagli attivisti. Come è avvenuto per esempio alla nave della ong spagnola Open Arms posta sotto sequestro amministrativo dalla Guardia costiera italiana tra il 17 aprile e il 25 maggio nel porto di Pozzallo …
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